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Il trattamento riservato ai testimoni di giustizia e la denuncia di Piera Aiello

TRA L’INCUDINE E IL MARTELLO. Ancora una volta dobbiamo raccogliere il grido di dolore dei testimoni di giustizia italiani che, al contrario dei collaboratori di giustizia, non hanno commesso alcun tipo di reato. Ma hanno avuto la forza e il coraggio di denunciare. Questa volta denunciamo le frasi vergognose ad una persona perbene che ha denunciato la camorra e i suoi legami con le istituzioni nazionali. E a tutto questo aggiungiamo la forte denuncia dell’On. Piera Aiello, componente della commissione parlamentare antimafia.

di Paolo De Chiara, WordNews.it

Il trattamento riservato ai testimoni di giustizia e la denuncia di Piera Aiello

«Dedicato a un parassita mantenuto dai soldi dei contribuenti italiani. Che fa la ricotta h24 e che della sua vita non ha mai fatto un giorno di lavori». Ed ancora: «Lota, lota, lota. Tu per me resti solo un parassita mantenuto. Non fai paura a nessuno e specialmente a me». Nei post pubblicati su Facebook da questo soggetto (noi conosciamo le sue generalità, evitiamo di diffonderle per tutelare il testimone di giustizia), che sembrano quelle scritte lasciate sulle pareti dei bagni pubblici, leggiamo ancora: «Merda per suicidarti ci vuole coraggio e le palle a te ti mancano. E talmente che ti mancano che fai credere ai tuoi seguaci che si un Falcone e un Borsellino. Alla fine sei e rimani solo un burattino comandato dai mangiafuoco. Gli stessi che ti mantengono. Che valore può avere la parola di chi non ha valore della vita.»

E questa è solo una minima parte degli attacchi da parte di questo soggetto.

Tralasciando la correttezza grammaticale e la sintassi (“I social network hanno dato diritto di parola anche a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività”, profetizzava Umberto Eco) resta un dato drammatico che riguarda i testimoni.

Lo stato di abbandono dei testimoni di giustizia

Loro, persone perbene, hanno visto, hanno sentito, hanno toccato con mano e hanno denunciato il malaffare. In questo caso parliamo di una persona che ha bloccato i soldi della camorra, investiti nelle opere pubbliche. Una persona che ha continuato a denunciare, indipendentemente dal suo status. E quale riconoscimento ha ricevuto da questo Stato? Dove sono finiti i processi?

Quale protezione viene offerta ai testimoni di giustizia dopo la denuncia nelle stanze giudiziarie? È normale ricevere questi attacchi quotidianamente? Perché qualcuno è così solerte quando sui social vengono attaccate figure istituzionali? I cittadini in questo Paese sono tutti uguali o esistono quelli di serie A e quelli di serie B? Un Presidente della Repubblica è più cittadino di un normale cittadino? No, non lo è. Non può esserlo. Ma i fatti dicono esattamente il contrario. Ed è un messaggio devastante per tutti.

Questa è una storia che parte da lontano e non riguarda solo il singolo testimone di giustizia. Per queste figure non esiste alcuna tutela, non esiste alcuna attenzione. Si continua a confondere, a volte anche intenzionalmente, il loro status con quello dei collaboratori di giustizia. Lo ribadiamo ancora una volta: sono due figure completamente diverse. Lo ripeteremo all’infinito. Senza nulla togliere ad un ex mafioso che ha deciso, ovviamente per uno sconto di pena, di posizionarsi dalla parte giusta. Ma sono due cose diverse. Non può esserci nessun paragone, non può esserci nessuna assonanza.

Un peso per lo Stato

Serve rispetto per questa figura nobile. Nel Paese delle mafie e della corruzione, dove la galera è frequentata solo dai “fessi”, il testimone è una risorsa. Ma purtroppo è trattato come un limone. Vengono utilizzati (perdono il lavoro, le proprie amicizie, il contatto con il proprio territorio, la propria esistenza), spremuti e poi abbandonati. Sì, abbandonati. Domenico Noviello denuncia la camorra e viene ammazzato dieci anni dopo. Ci saranno delle responsabilità per questo omicidio? Chi scarcerò Setola, il cecato (secondo il Tribunale di Sorveglianza), che organizzò il gruppo di fuoco autore di diversi omicidi, tra cui la Strage di Castelvolturno? Quanti testimoni di giustizia hanno tentato il suicidio? Lea Garofalo è stata ammazzata perché lasciata sola, da tutti (non solo dalle Istituzioni). I fratelli Verbaro, che hanno denunciato la ‘ndrangheta, sono stati completamente abbandonati. Per Carmelina Prisco, una donna contro la camorra, si sono aperte le porte dell’inferno. Ed è lei che lo ha denunciato in ogni situazione pubblica e privata. E Ignazio Aloisi? Un metronotte siciliano, ammazzato davanti a sua figlia, che non ha nemmeno ricevuto lo status di vittima di mafia dopo la sua morte. Gli esempi sono infiniti.

Le inutili leggi e le relazioni parlamentari

Quante leggi sono state fatte per la tutela del testimone di giustizia? Nell’ultima è previsto un tutor. Che fine ha fatto questa figura? Si parla di lavoro per i testimoni, sempre nelle leggi varate dal legislatore. Dove è il lavoro? La verità, come ha scritto l’On. Angela Napoli (già componente della commissione parlamentare antimafia) nella sua relazione, datata 2008, è che queste figure non sono una risorsa per lo Stato ma un peso. Sono dei numeri per chi gestisce il potere. Sono fastidiosi perché, giustamente, chiedono e pretendono i propri diritti. Loro, al contrario di chi poggia il suo deretano su comode poltrone, hanno dimostrato che è possibile cambiare.

Con un semplice gesto, la denuncia, hanno spiazzato un intero sistema. Lo hanno preso a schiaffi. Hanno permesso arresti, confische di beni di provenienza mafiosa. Hanno permesso di bloccare appalti di milioni di euro affidati a ditte legate al sistema criminale. E cosa hanno ottenuto? Un trattamento vergognoso.

Per essere credibili, in questo Paese, come diceva Giovanni Falcone, bisogna essere ammazzati. Ai famigliari di Noviello hanno dato una medaglia, per Lea Garofalo sono arrivate le bandiere con il suo volto. Ma in vita nessuno ha mosso un dito.

La denuncia dell’On. Aiello: «Sono tutti sordi. Il sistema è imploso.»

Abbiamo voluto inserire le dichiarazioni, rilasciate qualche ora fa al nostro giornale WordNews.it, della componente della commissione antimafia per chiarire ancora di più il nostro ragionamento. La provenienza è istituzionale, da parte di una persona che ha visto la mafia in faccia. Ed ascoltare integralmente il suo intervento sui testimoni di giustizia (in basso potete farlo cliccando semplicemente sul video allegato) fa ancor di più accapponare la pelle. «La legge 2018, fatta nella XVII legislatura con Rosy Bindi e primo firmatario Luigi Gaetti è una legge devastante che massacra i testimoni che stanno in programma. Vengono guardati come una spesa e non come una risorsa.»

Le vecchie problematiche non sono mai state risolte. Lo stiamo denunciando da anni. Ma nessuno ascolta il grido di allarme dei testimoni di giustizia. Si continua a girare la testa dall’altra parte.

Ma ecco il pesante affondo della parlamentare siciliana. E riguarda i Nop, il nucleo operativo di protezione: «nella maggior parte dei casi vessano testimoni e collaboratori. Quelli che si impongono e vogliono stravolgerti la vita. Ci sono stati casi di violenze subìte dai minori da questi Nop. Fatti denunciati. Quello che dico è tutto con carte alla mano. Vorrei tanto che mi denunciassero così andiamo davanti a un magistrato a ragionare. Sono tutti sordi.»

Un fatto gravissimo, oltretutto risaputo, denunciato da un parlamentare della Repubblica. «Queste persone vogliono tornare a lavorare. Tu Stato non puoi non fare un cambio delle generalità. È il caso Bruzzese (un collaboratore di giustizia, nda), un esempio eclatante. Ucciso in località protetta. Queste persone stavano in località protetta ma non avevano i dati oscurati, non avevano un cambio di generalità, non avevano un nome fittizio momentaneo. E beffa delle beffe viene detto che loro volevano uscire dal programma. Falsissimo. Non c’è un documento che attesti che la famiglia Bruzzese volesse uscire dal programma. Semplicemente perché la Procura diceva che era pericoloso.»

È giusto denunciare. Qualche testimone ha parlato della bellezza della denuncia. È un dovere per ogni cittadino denunciare ma essere difesi resta un diritto sacrosanto.

«Il sistema è imploso – ha continuato Piera Aiello -, il sistema non esiste più. Non si può non mettere in sicurezza un testimone che fuoriesce dal programma. Il testimone non può non fare il cambio di generalità.

Ma la questione riguarda solo i testimoni di giustizia? Gli ultimi governi perché non si sono occupati di mafie? La risposta dell’Onorevole è disarmante. Il riferimento è ai vari presidenti della Commissione centrale. «Nelle ultime legislature uno era un medico che fa le autopsie (Gaetti, nda), l’altro (Crimi) faceva le fotocopie in un Tribunale, quello attuale è della Lega e pensa solo agli immigrati e come mandarli a casa. Sono persone che non sanno nulla. Come possono occuparsi di questa materia?»

In questo modo vogliamo sconfiggere le organizzazioni criminali?

Noi continueremo a fare la nostra parte. Continueremo a parlare di responsabilità, di omicidi (come quello di Attilio Manca), continueremo a tenere accesi i riflettori su queste vicende. Senza tentennamenti, costi quel che costi.       

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LA DENUNCIA DELL’ON. PIERA AIELLO

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